Nella ricerca di questi tre artisti, Franco Berdini, Bruno Lisi e Luciano Cattania, pur nella diversità della proposta e nel diverso impatto percettivo determinato dalle loro opere, esiste tuttavia un denominatore comune, quello cioè che essi stessi identificano in una sorta di “reversibilità” delle immagini. Una “reversibilità” non dovuta al caso, ma ottenuta per mezzo di una precisa e normativa progettazione. Che cosa si intende per reversibilità? Evidentemente una doppia lettura dell’opera che permette di accrescere e di prolungare il momento della percezione, incanalandolo in due direzioni alternative, senza che l’una escluda l’altra. Anzi, in questa ripartizione direzionale, che è al tempo stesso, e logicamente, ripartizione degli assi ottici, vengono a determinarsi insospettate correlazioni di immagini.
Franco Berdini giunge a stabilire queste correlazioni attraverso la considerazione e la conseguente evidenziazione della fisicità oggettuale del supporto, che non è più semplice superficie, ma una serie di superfici sulle quali la linea si prolunga per sovrapposizioni e sdoppiamenti. Così che il supporto, e nel caso specifico la lastra di perspex, viene a costituire uno spazio non più delimitato nelle due dimensioni di larghezza e lunghezza, ma come rovesciato, per il percorso appunto della linea che continua nel retro, a suggerire l’idea di profondità.
Per Bruno Lisi invece la reversibilità si risolve in un rapporto paritetico tra immagine e supporto. Attraverso la tensione luminosa della superficie e con la delimitazione di uno spazio curvo, egli definisce dimensionalmente due campi, e quindi due possibilità di immagini, spingendo al limite le qualità percettive e illusionistiche del tessuto, insistendo però, al tempo stesso, sulla qualità fisica, non virtuale ma reale nella percezione, della costituzione formale. Con un risultato comunque rigoroso e, in un certo qual modo, concettuale.
Luciano Cattania proviene da esperienze diverse, condotte sui materiali, e queste esperienze degli anni passati agiscono ancora sul procedimento di realizzazione della reversibilità, in quanto essa viene a configurarsi in un continuo scambio tra l’immagine e il suo doppio, nella tessitura geometrica cioè che, ricavata dalla colatura di colla sui supporti, è correlata alla sua stessa ombra. La geometria, di conseguenza, non chiude la forma, nè la limita secondo princìpi stereometrici, ma è l’ipotesi di partenza per verificare, successivamente, le infinite possibilità di variazione degli organismi compositivi.
Tutti e tre gli artisti, comunque, oltre al denominatore comune della reversibilità di cui dicevamo, hanno preciso il senso della necessità di sperimentazione continua dei procedimenti. Sperimentazione che non è fine a se stessa ma in rapporto ad una precisa volontà di sollecitazione psicologica. il discorso, in tutti e tre i casi, è certamente mentale e, come già accennavamo per Lisi, in qualche modo concettuale. Va detto però che l’originalità e il significato delle tre diverse ricerche si rivelano proprio nella “correlazione” che viene ad esistere non solo tra le forme ma, prima di tutto, tra stadi psicologici e conseguenti momenti percettivi.
(testo scritto in occasione della mostra “Reversibilità”, galleria Documento Arte, Roma, 15 marzo-15 aprile 1978)