Lisi è un artista di soglia, un poeta del vuoto radicale che coltiva ossessioni cicliche e imponderabili che in ondate improvvise e ritmiche e risacche romantiche, alleviano dall’insostenibile pesantezza dell’esistenza. La sua ricerca segnica nelle sue variabili nel tempo, supera l’identificazione tra arte e vita e la distinzione tra conscio e inconscio: non rappresenta, non esprime, semplicemente manifesta una continuità tra sé e il mondo espressa in termini di differenza tra grandezze e qualità di tensioni, nella sinergia tra gesto e segno di ascendenza informale, relazionando le dinamiche del microcosmo fisiologico e del macrospazio cosmico.
L’inizio di ogni ciclo di opere non è programmato ed esprime una sorta di rigenerazione, una vera e propria rinascita estetica ed esistenziale secondo un’idea di arte che rimetta sempre in discussione le sue ragioni intrinseche e la sua funzione, oltre le logiche assertive del significato.
Nei “Corpi estranei”, l’ultimo ciclo in ordine di tempo finora inedito, il segno è un legamento sensibile e irritabile come una terminazione nervosa che crea grovigli, concentrati energetici sotto vuoto, fenomenologie implose, black out energetici di una spazialità concentratissima, concrezioni, bolle aliene, quintessenze di mondi dove succedono fatti misteriosi, tenuti all’interno del registro della pagina che, come tante short stories quotidiane raccontano tutte insieme della storia di una vita lasciata andare attimo dopo attimo come nelle metodiche meditative orientali, per le quali Lisi manifesta ancora una volta un’attitudine assolutamente naturale. Il segno è un conduttore filosofico e fisiologico come appendice dell’autore ma anche altro da sé, dove l’ibridazione con l’immagine produce sintomi di allarme ed aritmia in una tensione occulta e misteriosa.
I “Corpi estranei” sono tatuaggi che sensibilizzano l’essere dell’artista al contatto col mondo, un contatto che si alleggerisce e diventa sostenibile, manifestando senza rivelare il senso profondo della vita come un ciclo dinamico nella sua realtà intrinseca di espansione e regressione, evoluzione e involuzione, sviluppo e stasi, sistole e diastole, secondo un atteggiamento che esprime sostanzialmente la capacità di fare arte sulla propria pelle.
(testo scritto in occasione della mostra “Corpi estranei”, Galleria Miralli, Palazzo Chigi, Viterbo – 24 maggio-7 giugno 2009)